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Ricerca medica, da uno studio italiano passi avanti per i trapianti di fegato

La Fondazione Italiana Fegato Onlus, il Centro Trapianti di Fegato dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale e Area Science Park, attraverso il Laboratorio di Genomica ed Epigenomica, hanno presentato un’analisi dell’impatto genomico ed epigenomico sul fegato trapiantato. Lo studio, pubblicato su “Annals of Hepatology”, si concentra su come le variazioni a livello genomico ed epigenomico possano influenzare la risposta del ricevente e l’esito del trapianto.

Tendenzialmente, infatti, l’allotrapianto, ovvero il trapianto di organi o tessuti tra due individui della stessa specie, comporta rischi di rigetto dovuti al riconoscimento del tessuto trapiantato come estraneo da parte del sistema immunitario del ricevente. I risultati dello studio offrono una nuova comprensione di come i cambiamenti nella trascrizione del DNA in RNA messaggero possano contribuire al danno iniziale del fegato trapiantato, alla ricomparsa della malattia cronica o al rigetto dell’organo. La ricerca appena svolta dal team di ricercatori apre nuovi spiragli per la prevenzione di queste complicazioni, migliorando così le probabilità di successo degli allotrapianti epatici e la qualità della vita dei pazienti.

Danilo Licastro, responsabile Laboratorio di Genomica ed Epigenomica di Area Science Park, ha spiegato che tale progetto “ha consentito di applicare le nostre conoscenze di ricerca in maniera integrata ed organica”. Il nostro laboratorio ha prodotto e analizzato le informazioni relative alle sequenze di RNA e allo stato di metilazione del DNA di tutti i campioni forniti dai nostri partner”. Un risultato che è stato possibile in virtù della forte collaborazione con le altre strutture di ricerca e costituisce un passaggio fondamentale per una proiezione della ricerca verso un ambito applicativo clinico-diagnostico su vasta scala.

Come sottolineato anche dai responsabili della Fondazione Italiana Fegato Onlus, tale studio sperimentale pionieristico non solo testimonia come l’interazione tra realtà scientifiche e cliniche permetta il raggiungimento di risultati di grande livello, ma dimostra come – in futuro – sarà possibile creare nuove banche dati e collaborazioni, nazionali e internazionali, nel settore della digital health

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