Il piccolissimo frammento di meteorite recentemente rinvenuto sul Monte Gariglione, in Calabria, da parte di un collezionista, e consegnato al team di ricercatori dell’Università di Bari, non solo rappresenta un esempio virtuoso di Citizen Science ma segna anche un’importante scoperta nell’ambito delle scienze planetarie. La meteorite scoperta contiene, infatti, dei “quasicristalli” e rarissime leghe metalliche di alluminio e rame: materiali preziosi per comprendere i meccanismi che hanno generato il nostro Sistema Solare.
Oltre ai ricercatori del polo di Bari, il gruppo di ricerca, tutto italiano, che si sta occupando di carpire i segreti celati nella rara meteorite, vede la partecipazione dell’Università di Firenze e dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). “I quasicristalli sono materiali in cui gli atomi sono disposti come in un mosaico, in modelli regolari ma che non si ripetono mai nello stesso modo, diversamente da quello che succede nei cristalli ordinari”, ha spiegato Luca Bindi, ordinario di Mineralogia e Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo fiorentino.
Il ritrovamento si è rivelato da subito di portata eccezionale: è il terzo caso al mondo in cui si è trovato un materiale extraterrestre simile contenente leghe metalliche di questo tipo nonché il secondo rinvenimento di una micrometeorite contenente un quasicristallo di origine naturale, dopo il ritrovamento della meteorite di Khatyrka, avvenuto nel 2011 ai confini estremi della Russia orientale. Pertanto, tale scoperta segna una svolta non solo nelle scienze mineralogiche e planetarie ma anche per la fisica e la chimica dello stato solido.
“I risultati di questa ricerca mostrano che esiste un universo ancora ignoto di fasi mineralogiche alla nanoscala nei materiali di origine extraterrestre, che riesce ancora a sorprenderci. La scoperta di questa lega anomala in una matrice condritica, insieme alla presenza dei quasicristalli, apre nuovi scenari sulle origini del materiale originario da cui si è staccato il frammentino e fornisce nuovi elementi per comprendere i meccanismi di formazione del Sistema Solare”, ha commentato Paola Manzari dell’Unità di Coordinamento Ricerca e Alta Formazione (UCR) del Centro Spaziale di Matera dell’ASI.
Attualmente il prezioso frammento si trova custodito nel Museo di Scienze della Terra dell’Ateneo di Bari, luogo in cui si è in procinto di allestire una sezione apposita dedicata ai campioni extraterrestri simili. Inoltre, la scoperta è stata descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment appartenente al gruppo editoriale di Nature-Portfolio.